È con vivo interesse che
collaboro a questa pubblicazione dell'ACLAP tesa a riproporre, a dodici anni
dalla scomparsa, la figura e l'opera di uno dei più grandi maestri della
liuteria moderna: Simone Fernando Sacconi, un grande liutaio e un grande restauratore,
cui va innanzitutto il merito della riscoperta di quella prestigiosa tradizione
liutaria classica cremonese che ha in Amati, in Stradivari e in Guarneri del
Gesù la propria fonte di ispirazione originaria.
Ho incontrato Sacconi una prima volta in Italia, a Venezia, e successivamente l'ho
rivisto a New York, da Wurlitzer. Ne ho tratto l'impressione di una competenza
infinita e di un'esperienza enorme, non disgiunte da una sorprendente carica di
simpatia e di umanità. Oltre che di violino, era appassionato di musica e si
interessava alla carriera dei violinisti. Essendo un grande liutaio, gli
interessava moltissimo il violinista, l'approccio che questi aveva con lo
strumento. Gli piaceva parlare delle diverse scuole, dei diversi approcci di
tonalità. Mi parlava delle differenti caratteristiche del suono Guarneri e del
suono Stradivari, del fatto che vi sono violinisti più adatti al Guarneri e
violinisti più adatti allo Stradivari; opinione che condivido in senso
generale, anche se personalmente mi trovo bene sia con l'uno che con l'altro.
Ho avuto modo di
mostrargli il mio Stradivari, che lui ha trovato molto buono e ha molto
apprezzato, anche se, per ragioni di tempo, non gli è stato possibile fare un
réglage completo.
Farei torto a Sacconi se
non riferissi della grande stima e dell'altissima considerazione che si avevano
di lui nell'ambiente musicale. Era conosciuto da tutti, da Menuhin a Stern, a
Francescatti, Brengola, Gulli, Accardo, Zukerman, Perlman, ecc. e da tutti era
ritenuto il grande luminare, il grande professionista sia nel restauro che nella
montatura degli strumenti antichi. Proverbiale era la sua capacità di riparare,
riportandoli a nuova vita, grandi capolavori del passato, con una abilità
manuale straordinaria che era frutto sia della sua enorme esperienza che della
sua eccezionale sensibilità e del suo grande amore per la creatività del proprio
lavoro.
E riproporre oggi la
figura di Sacconi credo equivalga innanzitutto a riproporre, nel contesto della
nostra moderna società industriale, il valore centrale della creatività del
lavoro, valore che ritengo debba accomunare tanto l'opera del liutaio quanto
l'arte del violinista.
Venezia, 17 febbraio 1985
Tratto dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando Sacconi», presentato ufficialmente il 17 dicembre 1985 alla Library of Congress di Washington, D.C.
(Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986, pag. 266 - Italian / English).
It is with real interest that I collaborate
with ACLAP on this publication designed to bring to light the figure and the
works of one of the greatest Master of Modern violinmaking, Simone Fernando Sacconi,
twelve years after his death. He was both a great violinmaker and a great restorer
to whom goes, first of all, the merit of having rediscovered that prestigious
tradition of the classical Cremonese violinmaking, whose original sources of
inspiration were Amati, Stradivarius and Guarnerius del Gesù.
I met Sacconi for the first time in Venice, and
later I saw him again in New York at Wurlitzer's. He gave me the impression of having
infinite competence and enormous experience, not dissociated from surprising
friendliness and humanity.
He had a passion not only for the violin, but
also for music, and he took interest in the violinists' careers. Being a great
violinmaker, he was terribly interested in the violinist and the approach he
had to the instrument. He enjoyed talking about the different schools and the
diverse approaches to tone. He talked with me about the different characteristics
of the Guarnerius sound and the Stradivarius sound, and about the fact that
there are violinists more adapted to the Guarnerius, and violinists more
adapted to the Stradivarius – an opinion which I share in general, even though,
personally, I am as comfortable with one as I am with the other.
I had a chance to show him my Stradivarius,
which he found very good and admired greatly, although for lack of time it
wasn't possible for him to do a complete réglage.
I would do Sacconi an injustice if I didn't
mention the great esteem and highest consideration that everyone in musical
circles had for him. They all knew him, from Menuhin to Stern, to Francescatti,
to Brengola, Gulli, Accardo, Zukerman, Perlman, etc., and everyone considered
him a great luminary, the superlative professional, both in restoration and in
fitting up antique instruments. His ability to repair the great masterpieces of
the past was proverbial. He brought them back to life with an extraordinary
manual dexterity, which was the fruit both of his enormous experience and of
his exceptional sensitivity and great love for the creativity of his work.
To reintroduce the figure of Sacconi today
means above all, I think, a re-proposal of the central value of creativity in
work in the context of our modem industrial society, a value which I believe
the work of the violinmaker and the art of the violinist should have in common.
Venice, February 17,
1985.
Taken from the book: «From Violinmaking to Music: The Life and Works of Simone Fernando Sacconi» (page 267), officially presented on December 17, 1985 at the Library of Congress in Washington, D.C.