CREMONA – Ecco gli
ultimi clamorosi sviluppi dal fronte della guerra dei violini: dai loro
fortilizi assediati da forze straripanti, stretti come a Fort Alamo attorno a
Francesco Bissolotti che ha fama d’essere il perfezionatore di Stradivari, i
liutai dell’Aclap, l’Associazione che ammette per la costruzione degli
strumenti solo il metodo classico cremonese, si sono decisi a usare l’arma
finale contro gli avversari, cioè contro quanti, associazioni, scuole, singoli
artigiani, enti, accettano anche altri metodi di costruzione estranei alla
straordinaria tradizione di Cremona. Eseguendo un piano meticolosamente
studiato negli ultimi due anni, a nome dell’Aclap il vicepresidente dell’Associazione,
Franco Feroldi, due giorni fa ha depositato presso un commercialista di fiducia
il marchio dei violini Doc, anzi Docg, cioè a denominazione d’origine
controllata e, per di più, garantita. Consiste nel disegno della costruzione
geometrica della forma interna dello Stradivari 1715 con la scritta «metodo
classico cremonese».
E fin qui il violino con questo marchio sarebbe Doc, cioè chiunque
costruisse con metodo classico potrebbe in pratica imprimerlo sui suoi
strumenti. L’Aclap però vuole anche garantire che il metodo classico sia
impiegato col massimo dell’accuratezza, che quindi un violino costruito con
quel metodo sia a tutti gli effetti uno strumento eccezionale degno della
tradizione di Stradivari e degli altri grandi maestri cremonesi. Accanto al
marchio sarà dunque apposta un’altra scritta: duecento ore. “Sì – dice
Francesco Bissolotti – perché per costruire in liuteria uno strumento degno di
Cremona non si possono impiegare meno di duecento ore di lavoro effettivo e
questo nostro marchio cremonese, formato dal disegno della forma interna degli
Stradivari e dalla scritta «Metodo classico cremonese. Duecento ore», garantirà
una volta per tutte noi liutai e questa nostra città da contraffazioni e
speculazioni”.
È come se all’improvviso un muro si fosse alzato in Cremona a dividere
nettamente in due la città del violino. Quanti a Cremona impiegano duecento ore
per eseguire un violino? “Diciamo piuttosto quanti ne impiegano un terzo e
anche meno. Dopo aver subìto per anni da parte di certi settori la
squalificazione della liuteria cremonese, oggi siamo costretti a difenderla e a
difendere i nostri grandi artigiani con questo marchio cremonese. Ma, prima di
giungere a questi estremi, abbiamo tentato invano vie più pacifiche, volevamo
difendere qualità e nome uniti a tutti gli altri bravi liutai. Non siamo stati
ascoltati. Siamo stati calunniati, irrisi, mentre parte del mercato cremonese
cadeva nel caos offrendo, accanto ad eccezionali strumenti, anche pezzi
scadenti, sfruttando la tradizione per una bassa commercializzazione. Che si
continui pure a farlo, sono cose che potrebbero essere impedite solo dal
buonsenso e dalla serietà professionale. D’ora in avanti, però, la gente potrà
distinguere gli strumenti davvero degni di Cremona, quelli cioè sui quali
nessuno al mondo potrà mai farci concorrenza. E che ciò serva soprattutto d’incentivo
ai giovani. L’equivoco è finito.”
Gli effetti del marchio si vedranno nei prossimi mesi ed anni. Già però
ambasciatori del metodo classico cremonese sono impegnati a far giungere la
notizia in Italia e soprattutto all’estero, presso tutte le altre scuole di
liuteria e le clientele europee, americane, sovietiche e orientali.
L’occasione più prossima a una grande reclamizzazione del marchio cremonese
sarà nel 1987 la celebrazione del 250° anniversario della morte di Stradivari.
L’Aclap, messa in fortissime difficoltà dalle altre associazioni e dall’istituto
di liuteria, si è ritirata dal Comitato per le celebrazioni e si prepara
appunto a celebrare a modo suo. Curerà l’uscita di una monografia su Stradivari
scritta dal giornalista e scrittore Elia Santoro; già all’Aclap è indubbiamente
ben riuscita l’esperienza dello splendido volume sull’opera di Fernando Sacconi
«Dalla liuteria alla musica» tornato in libreria in seconda edizione in questi
giorni.
L’Aclap organizzerà inoltre concerti sul tipo di quello fatto nell’aprile dell’anno
scorso al teatro Manzoni di Pistoia: il quartetto Lindsay di Londra
suonò un primo tempo con tre violini di Stradivari e un violoncello di Ruggeri
e nel secondo tempo con violini e viola di Bissolotti e violoncello di Wanna
Zambelli per dimostrare la continuità, nel tempo e nella qualità, del metodo
classico cremonese. Ma lo sforzo maggiore dell’Aclap sarà rivolto a
reclamizzare al massimo il marchio cremonese. «Non è un marchio che l’Aclap s’assume
come esclusivamente suo – dice Feroldi – chiunque potrà usarlo sui propri
strumenti purché sia davvero il classico cremonese il metodo di costruzione e
almeno duecento le ore impiegate. Certo non è facile come scodellare violinetti
da ottocentomila lire, ci vogliono ricerca continua, pazienza infinita, amore
per la grande liuteria».
C’è ora da chiedersi se il marchio cremonese in qualche modo influirà sui
prezzi. Per ora le previsioni dicono no perché è già grande il divario tra i
prezzi praticati da chi lavora in classico, impiegando un minimo di duecento
ore per strumento, e gli altri. Un Bissolotti oggi non costa meno di dieci,
dodici milioni, i suoi seguaci vendono dai sei in su. Con ciò a Cremona si
trovano ottimi strumenti a minor prezzo, non saranno magari fatti col classico,
oppure costeranno meno ore all’esecutore, ma c’è lo stesso di che levarsi il
cappello. Infine, ci sono strumenti da regalo o di ripiego che costano poche
centinaia di migliaia di lire, opera di dilettanti o di liutai ancora all’inizio
oppure opera di chi punta più alla quantità che alla qualità. Adesso che il
marchio cremonese mette al riparo chi agisce solo secondo la tradizione, la
guerra potrebbe anche finire, ognuno per la sua strada, chi viene a Cremona può
scegliere tra il grande magazzino, il bel negozio o la boutique. Ma l’accanimento
è troppo, non c’è da sperare: no, non c’è proprio, ma proprio, pace tra i
violini.
Beppe Gualazzini,
«Un marchio DOC sui violini per "rispettare" il grande Stradivari.
Gli artigiani cremonesi difendono i loro prodotti
da contraffazioni e speculazioni», © 1986
«Il Giornale», Milano.