Cremona:
un marchio Doc sui violini per “rispettare” il grande Stradivari


Gli artigiani cremonesi difendono

i loro prodotti da contraffazioni e speculazioni

di Beppe Gualazzini
inviato speciale de «Il Giornale»

Servizio a doppia pagina
«Il Giornale», 30 maggio 1986



Premessa
di
Giuseppe Tumminello
sociologo

«È l’impegno sulla questione generale, la questione del lavoro liutario e del suo significato culturale complessivo che consente all’Aclap di porre correttamente anche la questione tecnica, cioè la questione del metodo costruttivo in senso tecnico-specifico: la forma interna o forma cremonese.
Questo, per rifiutare con decisione l’impostazione anticulturale di tutti coloro che – ripetendo una vecchia banalità – si credono dei «moderni» solo perché sbandierano il culto feticistico della tecnica, cioè pongono astrattamente il significato, o l’intercambiabilità, delle soluzioni tecniche, come se queste potessero essere indifferentemente estrapolate rispetto ai contesti culturali, storici, sociali, ecc. Nel nostro caso invece la questione del metodo – quale base reale, tecnico-materiale del processo costruttivo, di lavoro, nella sua interezza di processo creativo – matura a partire dalla assunzione della questione storica e culturale complessiva. È il progetto culturale nel suo complesso che rigenera il metodo, o la tecnica, consentendo di farne nuovamente un’eredità culturale viva, così come è il metodo classico, quale progetto complessivo, che consente di porre poi tutte le singole questioni tecniche costruttive.
La questione del marchio di garanzia non è che il suggello esterno, istituzionale e commerciale, di una condizione di garanzia la cui radice sta nella scelta culturale: la qualità del lavoro, il suo metodo.»

Questo il significato culturale del marchio «Aclap Cremona - Duecento ore» (Per la salvaguardia del modo di costruire classico cremonese degli strumenti ad arco) presentato dall'Associazione Cremonese Liutai Artigiani Professionisti e al quale fa riferimento questo ampio servizio di Beppe Gualazzini:

CREMONA – Ecco gli ultimi clamorosi sviluppi dal fronte della guerra dei violini: dai loro fortilizi assediati da forze straripanti, stretti come a Fort Alamo attorno a Francesco Bissolotti che ha fama d’essere il perfezionatore di Stradivari, i liutai dell’Aclap, l’Associazione che ammette per la costruzione degli strumenti solo il metodo classico cremonese, si sono decisi a usare l’arma finale contro gli avversari, cioè contro quanti, associazioni, scuole, singoli artigiani, enti, accettano anche altri metodi di costruzione estranei alla straordinaria tradizione di Cremona. Eseguendo un piano meticolosamente studiato negli ultimi due anni, a nome dell’Aclap il vicepresidente dell’Associazione, Franco Feroldi, due giorni fa ha depositato presso un commercialista di fiducia il marchio dei violini Doc, anzi Docg, cioè a denominazione d’origine controllata e, per di più, garantita. Consiste nel disegno della costruzione geometrica della forma interna dello Stradivari 1715 con la scritta «metodo classico cremonese».

E fin qui il violino con questo marchio sarebbe Doc, cioè chiunque costruisse con metodo classico potrebbe in pratica imprimerlo sui suoi strumenti. L’Aclap però vuole anche garantire che il metodo classico sia impiegato col massimo dell’accuratezza, che quindi un violino costruito con quel metodo sia a tutti gli effetti uno strumento eccezionale degno della tradizione di Stradivari e degli altri grandi maestri cremonesi. Accanto al marchio sarà dunque apposta un’altra scritta: duecento ore. “Sì – dice Francesco Bissolotti – perché per costruire in liuteria uno strumento degno di Cremona non si possono impiegare meno di duecento ore di lavoro effettivo e questo nostro marchio cremonese, formato dal disegno della forma interna degli Stradivari e dalla scritta «Metodo classico cremonese. Duecento ore», garantirà una volta per tutte noi liutai e questa nostra città da contraffazioni e speculazioni”.

È come se all’improvviso un muro si fosse alzato in Cremona a dividere nettamente in due la città del violino. Quanti a Cremona impiegano duecento ore per eseguire un violino? “Diciamo piuttosto quanti ne impiegano un terzo e anche meno. Dopo aver subìto per anni da parte di certi settori la squalificazione della liuteria cremonese, oggi siamo costretti a difenderla e a difendere i nostri grandi artigiani con questo marchio cremonese. Ma, prima di giungere a questi estremi, abbiamo tentato invano vie più pacifiche, volevamo difendere qualità e nome uniti a tutti gli altri bravi liutai. Non siamo stati ascoltati. Siamo stati calunniati, irrisi, mentre parte del mercato cremonese cadeva nel caos offrendo, accanto ad eccezionali strumenti, anche pezzi scadenti, sfruttando la tradizione per una bassa commercializzazione. Che si continui pure a farlo, sono cose che potrebbero essere impedite solo dal buonsenso e dalla serietà professionale. D’ora in avanti, però, la gente potrà distinguere gli strumenti davvero degni di Cremona, quelli cioè sui quali nessuno al mondo potrà mai farci concorrenza. E che ciò serva soprattutto d’incentivo ai giovani. L’equivoco è finito.”

Gli effetti del marchio si vedranno nei prossimi mesi ed anni. Già però ambasciatori del metodo classico cremonese sono impegnati a far giungere la notizia in Italia e soprattutto all’estero, presso tutte le altre scuole di liuteria e le clientele europee, americane, sovietiche e orientali.

L’occasione più prossima a una grande reclamizzazione del marchio cremonese sarà nel 1987 la celebrazione del 250° anniversario della morte di Stradivari. L’Aclap, messa in fortissime difficoltà dalle altre associazioni e dall’istituto di liuteria, si è ritirata dal Comitato per le celebrazioni e si prepara appunto a celebrare a modo suo. Curerà l’uscita di una monografia su Stradivari scritta dal giornalista e scrittore Elia Santoro; già all’Aclap è indubbiamente ben riuscita l’esperienza dello splendido volume sull’opera di Fernando Sacconi «Dalla liuteria alla musica» tornato in libreria in seconda edizione in questi giorni.

L’Aclap organizzerà inoltre concerti sul tipo di quello fatto nell’aprile dell’anno scorso al teatro Manzoni di Pistoia: il quartetto Lindsay
di Londra suonò un primo tempo con tre violini di Stradivari e un violoncello di Ruggeri e nel secondo tempo con violini e viola di Bissolotti e violoncello di Wanna Zambelli per dimostrare la continuità, nel tempo e nella qualità, del metodo classico cremonese. Ma lo sforzo maggiore dell’Aclap sarà rivolto a reclamizzare al massimo il marchio cremonese. «Non è un marchio che l’Aclap s’assume come esclusivamente suo – dice Feroldi – chiunque potrà usarlo sui propri strumenti purché sia davvero il classico cremonese il metodo di costruzione e almeno duecento le ore impiegate. Certo non è facile come scodellare violinetti da ottocentomila lire, ci vogliono ricerca continua, pazienza infinita, amore per la grande liuteria».

C’è ora da chiedersi se il marchio cremonese in qualche modo influirà sui prezzi. Per ora le previsioni dicono no perché è già grande il divario tra i prezzi praticati da chi lavora in classico, impiegando un minimo di duecento ore per strumento, e gli altri. Un Bissolotti oggi non costa meno di dieci, dodici milioni, i suoi seguaci vendono dai sei in su. Con ciò a Cremona si trovano ottimi strumenti a minor prezzo, non saranno magari fatti col classico, oppure costeranno meno ore all’esecutore, ma c’è lo stesso di che levarsi il cappello. Infine, ci sono strumenti da regalo o di ripiego che costano poche centinaia di migliaia di lire, opera di dilettanti o di liutai ancora all’inizio oppure opera di chi punta più alla quantità che alla qualità. Adesso che il marchio cremonese mette al riparo chi agisce solo secondo la tradizione, la guerra potrebbe anche finire, ognuno per la sua strada, chi viene a Cremona può scegliere tra il grande magazzino, il bel negozio o la boutique. Ma l’accanimento è troppo, non c’è da sperare: no, non c’è proprio, ma proprio, pace tra i violini.

Beppe Gualazzini, «Un marchio DOC sui violini per "rispettare" il grande Stradivari. Gli artigiani cremonesi difendono i loro prodotti da contraffazioni e speculazioni», © 1986 «Il Giornale», Milano.