Alcuni dei Cataloghi della mostra
«Liuteria classica: un metodo. Stradivari e la Scuola cremonese»
ideata dal maestro liutaio Francesco Bissolotti e presentata, con la collaborazione di
Wanna Zambelli e di altri liutai dell'Associazione,
in 30 allestimenti nelle principali città italiane ed europee
Milano, 7 maggio-10 agosto 1980
Parigi, 28.09-20.10.1981
Ginevra, 3-21 giugno 1987
Milano, 9-20 ottobre 1987
Copenhagen, 14.9-1.10.1988
Vienna, 21-27 ottobre 1989
«Dall'albero al violino». Prima sezione
«Dall'albero al violino». Prima sezione (veduta dall'alto)
Con queste parole il maestro liutaio Francesco Bissolotti, Presidente Aclap, firma la presentazione della mostra sul catalogo definitivo
curato graficamente da Emilio Fioravanti dello studio «G&R Associati» di Milano, lo stesso che in quegli anni curava
l’immagine coordinata del Teatro alla Scala:
Se un auspicio posso esprimere nel presentare questa mostra è che il suo carattere
analitico consenta al visitatore di entrare nel vivo del lavoro dell’artigiano-liutaio,
ossia nel vivo del processo creativo. Un ringraziamento non formale va innanzitutto
a quanti – Enti pubblici e sponsor privati – hanno compreso il significato e l’importanza
di questa esposizione, consentendone la presentazione in sedi prestigiose: dal
Teatro alla Scala di Milano, all’Università degli Studi di Urbino, al Comune di
Parigi, alla 3a Triennale Internazionale degli Strumenti ad Arco di Cremona, al
Comune di Genova, nell’ambito delle celebrazioni del Bicentenario Paganiniano,
al Comune di Saint-Étienne in Francia, al Conservatorio di Musica «G. Verdi» di
Milano sino alla collaborazione con l’Associazione «Omaggio a Venezia» e con sodalizi
stranieri, che consentirà di collocare definitivamente questa nostra iniziativa
nell’ambito dei circuiti culturali internazionali. Un ringraziamento ai liutai
dell’ACLAP, che con me hanno collaborato nella realizzazione, primi fra questi
Brenda Bork, Wanna Zambelli e Luise Scharnick. Un ringraziamento al liutaio-restauratore
Bruce Carlson, professionista americano da anni operante in Cremona. Sua è infatti
la realizzazione della sequenza fotografica sul «Restauro dello strumento», che
costituisce la rappresentazione visiva sintetica del suo lavoro quotidiano. Un ringraziamento
particolare, infine, al prof. Giuseppe Tumminello e a Franco Feroldi, per il
prezioso e qualificato apporto tecnico-culturale all’organizzazione generale.
Nel corso
degli anni, dal 1980 al 1989, la mostra tocca 30 città nel mondo. Così scrive, nella rivista «Made in Italy» (n. 2, 1984, pp.72-78) e sul catalogo della mostra stessa, il musicologo
Claudio Gallico, Professore Ordinario di Storia della Musica e Direttore dell’Istituto
di Musicologia dell’Università di Parma:
Presentare Cremona al mondo significa offrire l’immagine che costituisce la
sua carta d’identità più prestigiosa e conosciuta: l’immagine di città liutaria
della grande tradizione classica cremonese, divenuta ormai tappa d’obbligo nei
circuiti del turismo internazionale.
La liuteria classica cremonese è quella che nasce coi nomi prestigiosi degli Amati,
degli Stradivari e dei Guarneri, ma che affonda le sue radici lontano nel
tempo, forse nella stessa cultura della maestosa porta orientale d’Europa: Venezia.
È nel Settecento, il secolo che per l’Europa rappresenta la grande illuminazione
della modernità, che Cremona diventa il punto di massima maturazione di un grande
artigianato artistico: quello liutario. Dal Cinquecento in avanti, dalla
bottega degli Amati a quella di Stradivari, si sviluppa una accumulazione culturale
il cui frutto più maturo sarà appunto la nascita della Scuola liutaria classica
cremonese. Questa creazione ha la ventura però di incontrarsi con il nuovo processo
riformatore iniziato da Maria Teresa d’Austria. Così, paradossalmente, la fine
delle Corporazioni e l’inizio del libero commercio segneranno irrimediabilmente
il rapido declino di questo artigianato artistico e l’inizio di una dispersione
che data, purtroppo, dalle figure stesse dei figli di Antonio Stradivari. Questa
dispersione avrà l’effetto di rendere praticamente incomprensibili, ai successori,
cognizioni e saperi lungamente filtrati e distillati, alimentando il mito del
«mistero» stradivariano delle vernici.
Così il punto del maggior splendore della Scuola classica cremonese segnerà anche
l’inizio della sua rapida decadenza e l’avvio di una storia rocambolesca di eredità
e di falsificazioni. La modificazione successiva del contesto storico e culturale,
oltre che della stessa domanda musicale (con una sempre più grande richiesta di
strumenti, legata al sorgere delle grandi orchestre ottocentesche), amplificherà
questo fenomeno della falsificazione e della imitazione, insieme a quello della
mitizzazione della figura di Stradivari. Le sorgenti culturali del suo lavoro diventeranno
così praticamente quasi incomprensibili. Il recupero del pieno significato della
tradizione classica cremonese è, infatti, una conquista soprattutto moderna.
Tale riscoperta doveva passare necessariamente dalla piena ricomprensione del
metodo di lavoro e della tecnica dei classici cremonesi. Era necessaria, per questo,
l’opera di una grande personalità e una vera passione. La passione e la personalità
saranno quelle di Simone Fernando Sacconi, il grande liutaio e restauratore italiano,
scomparso nel 1973, che si era recato nel corso degli anni ‘30 a New York, dapprima
presso la Casa Herrmann e poi, fino al concludersi dei suoi giorni, presso la
prestigiosa Casa Wurlitzer.
Anche se Sacconi veniva spesso e dimorava a lungo a Cremona, non da tutti ne furono
compresi il genio e la lezione. Una lezione attraverso la quale egli faceva dono
dell’enorme e preziosissimo patrimonio di esperienza tecnica accumulata presso
la Casa Wurlitzer, dove i maggiori concertisti mondiali, da Oistrach a Stern a
Menuhin ecc., portavano a riparare i loro prestigiosi strumenti antichi. È aprendo
questi strumenti che Sacconi si renderà conto dell’originalità e dell’importanza
del metodo costruttivo dei classici cremonesi fondato sulla cosiddetta «forma interna». La rinascita della liuteria classica si baserà dunque sulla riscoperta e sulla
rivalorizzazione di quel metodo.
A Cremona l’occasione per recuperare un primo nucleo di strumenti antichi verrà
appunto per iniziativa dello stesso Sacconi e, negli anni ‘60, dell’allora Direttore
del Museo di Cremona e Presidente dell’Ente Turismo, prof. Alfredo Puerari. A seguito
di questa iniziativa, Cremona rientrerà in possesso, non soltanto dei due Amati
recuperati da Sacconi (l’Andrea Amati ex Carlo IX di Francia del 1566 ed il Niccolò
Amati ex Hammerle del 1658), ma anche di uno dei più splendidi esemplari della Scuola
classica: lo Stradivari 1715 detto «Il Cremonese».
Questi strumenti appartengono oggi alla civica collezione esposta nel Palazzo Municipale,
recentemente arricchita con l’acquisto del Guarneri del Gesù 1734 da parte della
Fondazione «W. Stauffer» (N.d.r.: collezione ora visitabile nel Museo del
Violino di Cremona). Un riordinato Museo Stradivariano affianca oggi questo
nucleo di strumenti prestigiosi, assicurati per un valore di oltre tre miliardi
di lire. Ma l’insegnamento tecnico di Sacconi metterà in movimento qualcosa di
più ampio. È dello stesso anno della sua morte, il 1973, la fondazione dell’Aclap,
ossia dell’Associazione Cremonese dei Liutai Artigiani Professionisti, che ne
rappresenta la continuità e insieme l’ispirazione ideale. Sul piano tecnico, la
lezione di Sacconi trova a Cremona il suo più prestigioso continuatore nel maestro
Francesco Bissolotti, che ha lavorato a lungo con lui, e nell’allieva più diretta
dello stesso Bissolotti, quella Wanna Zambelli che è anche la prima donna liutaia
italiana, vincitrice del premio intitolato a Simone Fernando Sacconi alla 5a Biennale
degli Strumenti ad Arco di Cremona.
Il maestro Bissolotti e la liutaia Zambelli rappresentano oggi, in Cremona, lo
sviluppo più maturo della linea liutaria classica. Uno dei frutti più complessi
di questa cultura è certamente il nuovo rapporto fra costruttore ed esecutore,
cioè fra liutaio e grande interprete. Da qui la costruzione della viola speciale
a cinque corde commissionata a Bissolotti da Salvatore Accardo (viola con la quale
lo stesso Accardo, nella prossima primavera, terrà a Cremona un concerto paganiniano
in prima mondiale) e il violoncello commissionato da Rocco Filippini alla Zambelli.
Il recupero tecnico-costruttivo della tradizione da parte di Sacconi è stato poi
reinterpretato e approfondito sul piano teorico ad opera del Responsabile culturale
dell’Aclap, prof. Giuseppe Tumminello, nel volume «Arte Artigianato Società».
Il concetto di lavoro liutario, ripensato nella sua dimensione creativa e personale,
diventa così la base per un rinnovamento radicale della stessa cultura
liutaria, attraverso la riproblematizzazione storica e sociologica del «caso» liuteria.
Creatività e personalità quali problemi moderni vengono infatti recuperati alla
luce del significato del lavoro nel mondo preindustriale, in ciò che questo può
suggerire o restituire all’antropologia dell’uomo moderno. (…)
«Arte Artigianato Società» contiene anche la documentazione fotografica della grande
mostra Aclap, in 4 sezioni, dal titolo «Liuteria classica: un metodo»
– opera del maestro Bissolotti e di altri liutai – ove viene rappresentato nelle
sue fasi fondamentali il processo di costruzione del violino. Sia il libro che la
grande mostra itinerante (dal Teatro alla Scala al Comune di Parigi, ecc.) sono
il frutto di una collaborazione interdisciplinare fra i membri dell’Associazione
che dura ormai da più di un decennio.
L’esperienza dell’Aclap si situa poi in un quadro di Istituzioni, e di iniziative
cremonesi, che vanno dalla prestigiosa Triennale Internazionale degli Strumenti
ad Arco, al Museo Stradivariano (diretto dal prof. A. Mosconi) che custodisce i
reperti storici più preziosi (forme originali, disegni, utensili, ecc.), ai
grandi concerti del Festival del Violino di Cremona sino al ruolo formativo di
base dell’Istituto Professionale Internazionale di Liuteria.
La realtà cremonese ci sembra una testimonianza viva di ciò che l’«estro» e il
genio italiani possono offrire al mondo. In particolare, questo prestigioso artigianato
artistico consente di esportare un prodotto personalizzato frutto di un’antica
tradizione, capace di differenziarsi dalla produzione su scala di massa (vedi le
fabbriche di violini giapponesi o tedesche).
Il rapporto fra produzione e tradizione è tornato poi ad essere nuovamente centrale
in questo periodo di crisi dello sviluppo industriale. Soprattutto nei Paesi di
antica tradizione industriale è oggi mutato l’atteggiamento verso il lavoro, al
punto che un grande economista come John K. Galbraith ritiene che "l’ultima frontiera
è l’artista" e non la tecnica. Per questo il grande economista americano rivaluta
l’importanza della bellezza nei prodotti, in particolare della tradizione italiana:
«i manufatti italiani sono i più belli di quelli di qualunque altro Paese». A maggior
ragione, dunque, questa affermazione può valere per la liuteria classica, ossia
per una delle tradizioni italiane di maggiore qualità e di più consolidato prestigio
internazionale. Tanto è vero che il suo pubblico è ormai un pubblico cosmopolita.
Il Made in Italy si sposa dunque felicemente con questa tradizione che può
rappresentare l’immagine creativa del nostro Paese nel mondo. Un’immagine che,
tuttavia, dovrebbe essere meglio garantita all’origine attraverso un marchio costruttivo
che consenta di riconoscere la linea dei prodotti classici nel settore liutario.
In questo senso, il nome di Cremona non funzionerebbe più come semplice etichetta
per il più vasto pubblico, ma diverrebbe un’effettiva garanzia di selezione e di
qualità costruttiva anche per l’amatore, sia esso collezionista o grande interprete.
Una liuteria Made in Cremona può diventare una delle più felici traduzioni del lavoro
e dei prodotti di alta classe Made in Italy.