Quando incontrai Sacconi per la
prima volta, lavorava ancora da Emil Herrmann, il più famoso commerciante di
violini dell'epoca. Subito mi impressionò per la sua grande sapienza e l'istinto
prodigioso col quale giudicava ogni strumento che passasse per le sue mani. Nel
momento stesso in cui guardava un violino, sapeva già che violino fosse, come
fosse fatto e se fosse o no un originale. Poteva indicare il liutaio, italiano
o francese, in mezzo alle centinaia che conosceva bene, e poteva addirittura
dire se fosse stato aiutato o no nella costruzione dello strumento. Era
sbalorditivo. Lo stesso può dirsi per gli archetti, semplicemente meraviglioso!
Arrivai ad amare quell'uomo.
Quando andavo da lui per qualcosa, sapeva esattamente cosa gli chiedevo e in
pochi minuti tutto era fatto. Con altri avrei dovuto aspettare secoli. Sacconi
poteva fare cose con un colpo di coltello che altri erano semplicemente
incapaci di fare. Era anche in grado di giudicare un principiante dal modo in
cui maneggiava gli attrezzi e sapeva se sarebbe potuto o no diventare un
esperto intagliatore.
Quando ci conoscemmo, abitavo
nella 57a Strada, come Herrmann. Sacconi veniva spesso a trovarmi a
casa e si parlava di strumenti bevendo un bicchiere di vino. Ho imparato
moltissimo da lui, perfino sugli archetti. Da bambino ero uno di quelli che
fanno mille domande al giorno, e quando si chiede qualcosa spesso si ricevono
risposte che si ricordano. Sacconi mi voleva bene appunto per questo e
diventammo buoni amici. La maggior parte dei violinisti non sa molto sul
proprio strumento, su come curarlo e che cosa non va – come quella signora che
aprì il cofano della sua Volkswagen e pensò d'aver perso il motore ed una sua
amica in un'altra Volkswagen che le offrì di prestarle il motore di scorta che teneva
nel baule! I liutai spesso incontrano problemi ad accontentare i clienti che
semplicemente non sanno cosa stanno cercando.
Mentre stava da Herrmann, Sacconi
aveva tre assistenti: D'Attili, Weisshaar e Nebel. Oggi sono degli esperti ed è
stato Sacconi ad insegnare loro tutto ciò che sanno. Quando giunse il momento
in cui Herrmann dovette cominciare a pensare di chiudere per la crisi causata
dalla Seconda guerra mondiale, Sacconi mi parlò della sua intenzione di
trasferirsi da Wurlitzer. Io gli risposi che avrebbe dovuto farlo se pensava
che quella compagnia fosse più salda di Herrmann. Infatti, entrambi, sia lui
che D'Attili, decisero di andare da Wurlitzer e Weisshaar andò a Los Angeles.
Anche Bellini, addestrato da Sacconi, e Nigogosian erano da Wurlitzer.
A quell'epoca, avevo uno
Stradivari di piccolo formato e ne volevo uno più grande. Per caso mi capitò di
trovare uno Stradivari più grande, del quale mi innamorai, ma che era difficile
da suonare. Lo portai da Sacconi e gli dissi che non mi piaceva la tastiera. La
tolse, scoprì che il manico era stato tagliato male e disse: “Dovrei metterci
una tastiera dello spessore di quella di un violoncello per correggerlo. Hai
bisogno di un manico nuovo!” Dovevo suonare con la Filarmonica di New York dopo
meno di un mese e non vedevo come avrebbe mai potuto farmi un manico nuovo in
quel breve lasso di tempo, ma in soli dieci giorni lo aveva terminato. Fu come
una metamorfosi: il violino aveva un suono migliore ed era più facile da
suonare, e lui aveva fatto questo lavoro meraviglioso in pochissimo tempo e con
così grande maestria.
Un'altra volta gli portai il mio
violino Lupot perché sentivo che non aveva abbastanza potenza nelle corde più
basse. Egli lo esaminò e scoprì che i tagli originali delle «ff» erano stati
rifatti in una posizione più bassa e disse che l'unica soluzione era di
ripristinare i tagli originali fatti da Lupot. Questo era un dettaglio minimo che
nessun'altro aveva mai notato, e diede allo strumento un suono più profondo.
Gli portai anche un altro violino
italiano pregiato che avevo comprato a Londra e gli chiesi se avesse potuto
migliorare il suono anche di quello. Quella volta si prese la briga di fare non
una ma tre catene, una dietro l'altra, finché il suono non risultò giusto. Così
era quell'uomo, e nessuno oggi può essere paragonato a lui. Una volta mi fece
una copia del mio Stradivari, ma poi la rivolle perché non era contento del
modo in cui era riuscita la vernice. Non so nemmeno che fine abbia fatto quel
violino. Era un tale perfezionista che molto spesso non era contento nemmeno
del proprio lavoro.
Stradivari era naturalmente il
suo dio. Andò dritto a Cremona e fece uno studio talmente approfondito su
Stradivari che nessuno in questo Paese, o in un altro, avrebbe mai immaginato
di compiere. Quando si entrava nel suo laboratorio privato a Point Lookout, si
sentiva che aveva cercato di riportare la bottega di Stradivari ai giorni
nostri. Aveva forme che mostravano come il Maestro costruiva i violini partendo
dall'interno ed anche lui cominciò partendo dall'interno. Tutto questo mi
affascinava! Nel suo piccolo fienile aveva una lunga fila di ponticelli di
violino ed una volta mi disse: “Questi sono il mio orgoglio e la mia gioia.
Ormai non ci sono più ponticelli come questi.” Io ho uno di quei ponticelli sul
mio Stradivari. Me lo fece quando dovetti andare nell'Unione Sovietica, perché
temevo che il ponticello originale sarebbe diventato troppo basso per il
freddo. Quello che fece per il mio viaggio è sul mio violino dal 1965. Non ho
mai dovuto cambiare niente di ciò che mi ha aggiustato e ad ogni modo non c'è
nessuno che possa rimpiazzare il suo lavoro.
Col passar del tempo, Sacconi
cominciò ad avere problemi di cuore. La Signora Wurlitzer gli voleva bene e gli
disse che avrebbe potuto venire al negozio soltanto due o tre volte la
settimana. In quel periodo, altri da Wurlitzer si contendevano il potere ed
alla fine la Signora Wurlitzer si scoraggiò ed abbandonò gli affari. Io andavo ancora
a trovare Sacconi a Long Island. Gli volevo veramente bene ed ero con lui appena
due settimane prima che morisse. Era un angelo d'uomo e non avrebbe mai fatto
male ad una mosca. Forse era troppo buono!
Ciò che è certo è che egli è
stato uno dei più grandi nell'arte di costruire e restaurare strumenti ad arco
che questo Paese abbia mai avuto, e non solo questo Paese. Sacconi ha fissato
gli standard ed è difficile trovare oggi persone che possano raggiungerli. Oggi
ci sono degli ottimi liutai negli Stati Uniti – tutti hanno imparato da lui.
New York, 4 marzo 1984
Dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l'opera di Simone Fernando Sacconi», Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986 (pagg. 211-213)
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