Il maestro Sacconi
nella testimonianza
del grande violoncellista
 Leonard Rose

per il libro «Dalla liuteria alla musica:
l'opera di Simone Fernando Sacconi»

New York,  19  gennaio 1984

Non v'è alcun dubbio che Simone Fernando Sacconi fu un grandissimo liutaio e qualsiasi restauro fatto da lui fu, in sé, un capolavoro. La sua sensibilità e la sua ammirazione per i magnifici strumenti che passavano per le sue mani erano segnate da un rispetto profondo. Come studiava e misurava i grandi Stradivari, Amati e Guarneri! Divenne una «storia d'amore».

«Fernando», come un numero ristretto di amici privilegiati avevano la libertà di chiamarlo, era una leggenda già ai suoi tempi. Ogni musicista sapeva che Sacconi era il Maestro. Venni a conoscenza del suo nome e della sua reputazione per la prima volta attraverso il mio maestro Felix Salmond, quando ero ancora un giovane studente, a metà degli anni '30.

Non dimenticherò mai il nostro primo incontro nella bellissima bottega di Emil Herrmann, nella 57a Strada Ovest a New York. Doveva essere intorno al 1940. Io avevo 22 anni, ed ero il violoncellista solista dell'Orchestra di Cleveland. Il mio violoncello in quegli anni era uno dei primi costruiti da David Tecchler e, nell'inverno asciutto e freddo di Cleveland, aveva sviluppato un persistente ronzio. Consultai un liutaio di Cleveland, il quale subito diagnosticò che si trattava di una pezza staccatasi sotto la tavola. In preda alla disperazione, permisi che la tavola venisse rimossa. La tavola del Tecchler era appena stata rimessa quando il ronzio tornò come una vendetta. Quando ebbi qualche giorno libero, guidai per circa 900 chilometri fino a New York col mio Tecchler per consultare Sacconi, il maestro. Ebbi solo il tempo di raccontare la mia storia ed i miei guai a Sacconi che egli, dopo un'ispezione piuttosto rapida, disse nel suo inglese così deliziosamente colorito di accento italiano: "Datsa no loose patch, datsa loose purfling" ("Questa non è una pezza staccata, è un filetto staccato"). A quel punto fece entrare un po' di colla calda in una particolare zona del filetto ed il ronzio semplicemente sparì, per non comparire mai più. Impiegò circa cinque minuti per eliminare il ronzio... e questo dopo che il liutaio di Cleveland aveva tolto la tavola. Quando gli chiesi quanto gli dovevo, Sacconi disse: "Oh, datsa nothing" ("Oh, niente"). Non c'è bisogno di dire quanto rimasi colpito dal suo calore, dal suo fascino, dalla sua sapienza e dalla sua umanità. Fu l'inizio di una bellissima amicizia di grande valore.

Se ben ricordo, in quegli anni i suoi due assistenti erano Erwin Hertel (che poco dopo divenne uno dei miei più cari amici) e Hans Weisshaar. Sia Hertel che Weisshaar hanno poi fatto una grande carriera.

Nel 1943, divenni il violoncellista solista della Filarmonica di New York e, vivendo nella zona di New York, approfittai della maestria di Sacconi e di Hertel. Nel 1945 comprai un Gofriller del 1711, e nel 1952 acquistai il mio amatissimo Niccolò Amati del 1662. L'Amati fu comprato da Emil Herrmann e Rembert Wurlitzer, che avevano portato insieme il violoncello in questo Paese. Fernando costruì un magnifico manico nuovo, che lui stesso aveva consigliato di fare, e ciò divenne una clausola del contratto di vendita. I ponticelli che lui modellava erano tanto belli quanto meritavano quei grandi strumenti. Si adattavano bene e suonavano (e suonano ancora) magnificamente. Egli era molto sensibile al suono ed era incredibile come riuscisse, con la minima manipolazione dell'anima, a ricavare il massimo da ogni singolo strumento.

Fernando, Erwin, ed io trascorremmo delle ore molto felici insieme. Sacconi amava il mare e le barche, e viveva molto vicino alla baia di Long Island. Abbiamo passato dei momenti gioiosi pescando dalla sua barca e naturalmente dividendo cibo e vino stupendi. Imparai molto sulla grande arte di questi signori. Credo sia stato Sacconi ad ideare ed innovare molti dei principi del restauro. L'uso di sacchetti di sabbia calda per ripristinare gradualmente la bombatura originale delle tavole che si erano incavate col passare degli anni era veramente ingegnoso e relativamente semplice come concetto. La sua sensibilità per il legno era incredibile. Egli riusciva a far combaciare legno nuovo [con quello antico, n.d.r.] per chiudere delle crepe irregolari e talvolta anche a forma di S, in modo che la riparazione finale era quasi impossibile da scoprire. Era un grande artista.

Senza dubbio, Simone Fernando Sacconi ha lasciato al mondo un patrimonio di grande liuteria e di magnifico restauro di strumenti. I suoi assistenti e studenti di un tempo sono oggi alcuni dei più grandi liutai del mondo: René Morel, Erwin Hertel, Hans Weisshaar e Dario D'Attili, e sono certo che ce ne siano altri, ma questi quattro signori sono diventati i Sacconi di oggi e perpetuano la sua arte sublime e la cura della maggior parte dei grandi strumenti del mondo. I musicisti di oggi hanno nei confronti di Simone Fernando Sacconi un enorme debito di gratitudine.

New York, 19 gennaio 1984

Tratto dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando Sacconi», presentato ufficialmente il 17 dicembre 1985 alla Library of Congress di Washington, D.C. (Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986, pagg. 240-242 - Italian / English).


The master Sacconi
in the testimony of the great cellist
Leonard Rose
to the book «From Violinmaking
to Music: The Life
and Works of Simone Fernando Sacconi»

New York, January 19, 1984

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