Il maestro Sacconi
nella testimonianza
del grande violoncellista
Rocco Filippini

per il libro «Dalla liuteria alla musica:
 l'opera di Simone Fernando Sacconi»

  Lugano, 23 ottobre 1983

Voglio lasciare la mia testimonianza su Sacconi anche se il destino non mi ha portato a incontrarlo di persona. Il destino... Quante volte, poco dopo aver fatto conoscenza con qualcuno, ci si confessa reciprocamente che «è come se si fosse amici da una vita»... Ebbene è proprio così con Sacconi: quest'uomo mi rimane segreto, non ho sentito la sua voce, le pieghe della sua faccia non mi sono note, eppure è come se l'avessi sempre conosciuto poiché di lui mi parla, oltre alla sua opera, alla sua liuteria così luminosa, così sottile, ai suoi scritti che ho studiato con passione, di lui mi parla tutti i giorni uno degli «animali» a me più prossimi, il mio violoncello.

Infatti, come altre centinaia di strumenti di Stradivari restaurati dal nostro instancabile autore, anche il mio «Barone di Rothschild» del 1710 è stato da lui aperto, studiato, riparato e montato. La catena e l'anima sono opera sua e sul ponticello, nelle ore quotidiane dello studio come nella solitudine insopprimibile della sala da concerto, il mio sguardo abbassandosi tra le corde può leggere la famosa scritta impressa «Wurlitzer N. Y.», questa sorta di «firma morganatica».

Guarderò mai gli occhi della donna amata tanto a lungo quanto questo ponticello sagomato dalla sua mano, che mi è diventato tanto familiare?

Nelle «Letters to the Pall Mall Gazette» pubblicate nel 1872, Charles Reade racconta di un altro grande violoncello di Stradivari, noto col nome di «Bass of Spain», e del fatto che Tarisio si recò a Madrid per procurarselo e riportarlo a Parigi facendo tutto il viaggio a piedi... 

Perché cito questo esempio?

Perché ciò che commuove in questi grandi strumenti e che si aggiunge al loro proprio valore ineguagliabile è anche che essi siano stati l'oggetto di tante passioni, di tanti sacrifici, sogni, speranze, fremiti e delusioni via via che scendevano il cammino della storia passando tra uomini instancabili, rimanendone investiti come di un segreto valore, catturandone una luce misteriosa.

Così mi sembra che il mio violoncello mi parli segretamente di Sacconi, di tutta la sua sapienza e il suo amore per la liuteria e mi risulti per questo ancora più caro.

Lugano, 23 ottobre 1983

Tratto dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando Sacconi», Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986, pag. 202 - Italian / English.  Il libro è stato presentato ufficialmente il 17 dicembre 1985 alla Library of Congress di Washington, D.C.

The master Sacconi
in the testimony of the great cellist
Rocco Filippini
to the book «From Violinmaking
to Music: The Life
and Works of Simone Fernando Sacconi»


Lugano, October 23, 1983

I wish to leave my testimony about Sacconi even thoùgh destiny did not allow me to meet him in person. Destiny... How often, shortly after having met someone, you say reciprocally that «it is as if we had been friends ali our lives»... Well, that's just the way it is with Sacconi: this man remains a secret far me, I never heard bis voice, I am not familiar with bis lineaments, and yet it is as if I had always known him because so many things talk to me of him. Besides bis life's work, bis violinmaking which is so luminous and subtle, and bis writings that I bave studied passionately, there is one of those «animals» which is closest to my heart – my cello – that speaks to me every day about him. In fact, like another hundred or so Stradivariuses restored by our indefatigable author, my 1710 «Baron Rothschild» was also opened, studied, repaired, and fitted up by him. The bass bar and the soundpost are bis work, and during my daily hours of practice, just as in the unsuppressed solitude of the concert hall, my eye can look through the strings and read the famous inscription «Wurlitzer N. Y.» on the bridge, that sort of «morganatic signature». Will I ever spend as much time looking into the eyes of the woman I love as I bave gazing at that bridge carved by bis band which has become so familiar to me?

In the «Letters to the Pali Mali Gazette» published in 1872, Charles Reade tells of another great Stradivarius cello called the «Bass ot Spain» and says that Tarisio went to Madrid to procure it for himself and then took it back to Paris, making the whole trip on foot...

Why do I cite this example?

Because what moves one so about these great instruments, and what adds to their own unparalleled value, is the fact that they have been the object of such passions, sacrifices, dreams, hopes, thrills and delusions as they've passed step by step through history in the hands of untiring men, from whom they acquired something like a secret value and captured a mysterious luminosity.

Thus it seems to me that my cello speaks to me in secret of Sacconi, of all his knowledge and of his great love for violinmaking, and this makes him even more dear to me.

Lugano, October 23, 1983

Taken from the book: «From Violinmaking to Music: The Life and Works of Simone Fernando Sacconi», officially presented on December 17, 1985 at the Library of Congress in Washington, D.C. (Cremona, ACLAP, first edition 1985, second edition 1986, pag. 203 - Italian / English).